Roma – Era dal 1966 che Roma non si interessava alla pittura inglese, salvo alcune passate rassegne di carattere monografico, ed è quindi senz’altro curiosa l’iniziativa promossa dalla Fondazione Roma Museo che, a Palazzo Sciarra, ha allestito la mostra Hogarth, Reynolds, Turner. Pittura inglese verso la modernità.
ALLA RICERCA DI UNA IDENTITÀ ARTISTICA – Se la capitale ha infatti ospitato in più occasioni alti esempi di pittura francese, soprattutto in relazione alle influenze italiane sulla magnificenza dell’impressionismo, nulla di simile era mai stato allestito in relazione al contesto britannico. Lo mettono in mostra, fino al prossimo 20 luglio, le sale di Palazzo Sciarra, dove i curatori Carolina Brook e Valter Curzi hanno riunito un corpus di oltre 100 opere provenienti da alcune prestigiose istituzioni museali: dalla Tate Britain Gallery alla National Portrait Gallery, passando per la Galleria degli Uffizi e il Yale Centre for British Art. L’obiettivo è quello di testimoniare le influenze che il classicismo e l’arte italiana hanno avuto sulla nascente arte inglese del XVIII secolo, una contaminazione che gli artisti inglesi hanno riversato nella tecnica dei loro ritratti e che gli artisti italiani, trasferitisi a Londra, hanno invece trasposto nelle proprie tele oltre Manica. Grazie ad entrambi, l’acerba arte britannica ha saputo trovare la propria strada e, ispirata dallo spirito di rinnovamento urbano, l’affermazione nei territori lontani e da una coesione nazionale che è da sempre considerata esemplare, si sviluppa indissolubilmente legata al concetto di modernità.
VIVA LA MODERNITÀ – Proprio da questa considerazione parte la mostra Hogarth, Reynolds, Turner. Pittura inglese verso la modernità e non è un caso che, ad aprirla, siano proprio le pitture del veneziano Canaletto, che dipinge Londra attraverso gli archi in costruzione di Westminster Bridge, e i dipinti di Samuel Scott, che qualche anno prima ne aveva immortalato la posa dei primi pilastri; sono solo due degli esempi pittorici che riguardano questa prima sezione della mostra, pensata proprio per evidenziare le irreversibili trasformazioni che faranno di Londra una metropoli e un centro finanziario, economico e culturale di indubbio valore. Tra le sue strade si muove infatti un ceto medio dinamico, interessato, forse più dell’aristocrazia, ad imporsi quale nuovo mecenate per le arti. Alla nuova borghesia inglese è dunque dedicata la seconda sezione della mostra, nella quale spiccano le figure degli emergenti industriali, commerciati, scienziati ed esploratori che, oltre a foraggiare l’arte, avevano tutto l’interesse di farne parte: il ritratto dunque, diventa il modo per proporre un’iconografia nazionale intrisa di quei valori di civiltà e libertà che l’Inghilterra ha sempre riconosciuto caratteristici della propria storia e tradizione e, attraverso i pennelli di Zoffany, Hodges e Wright of Derby, l’Inghilterra scopre, seppur tardivamente rispetto il resto degli altri paesi europei, una propria scuola artistica nazionale.
TEATRO, RITRATTO E PAESAGGIO – La necessità di costruire una propria matrice artistica, spinge gli artisti inglesi a rintracciare gli elementi caratterizzanti dei propri contesti culturali: uno non poteva che essere il teatro shakespeariano. Lo sanno Hogarth e Füssli, entrambi intenti a rappresentare scene di vita sociale e politica loro contemporanee, tra le quali sono famose le pitture di genere teatrale, realizzate per fotografare alcune rappresentazioni e scene da palcoscenico, nonché ritrarre alcuni importanti attori dell’epoca. E il ritratto, fa da protagonista anche nelle successive sezioni della mostra nelle quali sono raccolti anche i contributi di Allan Ramsay e Joshua Reynolds. Segue la sezione dei paesaggi realizzati in acquarello, tecnica che proprio in Inghilterra ebbe una grande diffusione; dipinti dapprima in studio, i paesaggi settecenteschi si evolveranno per colori e tecnica nei primi anni del XIX secolo, quando il desiderio dell’en plein air, muterà il rapporto tra l’occhio dell’artista e il paesaggio di riferimento. Non a caso, a chiudere la mostra ci pensano Constable e Turner, i due campioni internazionali che permisero all’arte inglese di affermarsi finalmente come realtà caratterizzante e caratterizzata.
PALAZZO SCIARRA COME LA NATIONAL PORTRAIT GALLERY - Passeggiare tra le sale di Palazzo Sciarra ricorda i colori e i percorsi della National Portrait Gallery di Londra, merito forse dei divanetti in velluto e delle greche da parete, della carta da parati e delle cornici georgiane. Sembra dunque ben riuscito lo scopo del Presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, che auspicava prima di tutto il coinvolgimento della comunità, definendo un percorso artistico che rifuggisse dall’autoreferenzialità e interessasse un’utenza molto più ampia di quella ovvia degli addetti ai lavori. Per informazioni http://www.fondazioneromamuseo.it/it/964.html.