06/11/2013
Francesca, mamma oltre il mistero della Morte.
Ai tre figli diceva: "vado in un posto bellissimo"
Dal Corriere della Sera - 5 novembre 2013
"Ma morire è una cosa bella?": i bambini sanno come farti le domande giuste. Non puoi raccontargli fiabe quando hanno già visto cosè la Vita. Cecilia ha undici anni. Da due è senza la mamma. Anzi, no. Per lei cè ancora, cè sempre. Glielo aveva promesso quel giorno in ospedale: "Vado a stare in un posto bellissimo da Gesù. Per questo dovete fare festa". Francesca Pedrazzini aveva una vita davanti quando un tumore lha portata via. Aveva un marito, Vincenzo e tre figli, Carlo e Sofia oltre a Cecilia. Una donna come tante. Con i suoi sogni e i suoi problemi. Che si potevano risolvere tutti. Tranne uno. Una malattia incurabile. Di quelle che fanno dire: "Perché proprio a me?".
LA CERTEZZA DELLA FEDE - E poi trovare la risposta giusta. "Di più - ricorda il marito Vincenzo - una certezza granitica. Mia moglie credeva. Aveva una fede profonda. Maturata e cresciuta negli anni". Un percorso insieme, Francesca e Vincenzo. Cinque anni di fidanzamento e dodici di matrimonio, un cammino di fede, lesperienza con Comunione e Liberazione. "Diciassette anni sulla stessa strada e gli ultimi giorni, i più belli. Era talmente splendente. Contenta. Mi ha trascinato dentro la sua certezza. E con me, i figli, gli amici. Ci ha contagiato. Capita anche adesso che qualcuno quando racconto di lei tema che mi si riapra una ferita. Invece, per me, è esattamente il contrario. Quando posso ricordare la sua certezza e la sua fede degli ultimi giorni sono più in pace. So dovè la Franci in questo momento. So che è piena di gioia. Si era preparata. Ci aveva preparati".
"UNA DONNA CONCRETA" - In un mondo che fa di tutto per esorcizzare la morte, lei le è andata incontro in pace, con il sorriso. Senza sfidarla, ma con la consapevolezza che quella non sarebbe stata lultima parola. "Francesca era 'una di noi' continua Vincenzo - non immaginatela come una particolarmente 'pia'. Era una donna molto concreta, che si faceva domande. Tutte le cose dovevano avere un senso. Quando le diagnosticarono il male ha detto sì a questa strada misteriosa messale davanti da Gesù, ma poi ha dovuto fare un cammino nel quale si è trovata a chiedere a Dio 'perché a me?'. E a dire 'Io questa cosa non la voglio!'. La serenità è venuta dopo, dentro un cammino. Nellultimo periodo era come se fosse già in unaltra dimensione. I giorni si accorciavano, ma lei diventava sempre più serena. Sono curiosa, mi diceva, di andare a vedere cosa mi sta preparando il Signore. È evidente lintervento divino. Altrimenti quella di Francesca sarebbe solo una bella storia da raccontare, un racconto edificante. Giusto per commuoversi un po e stropicciarsi gli occhi arrossati. Non è questione di coraggio, evidentemente cè di più". Solo la disperazione non aveva messo piede nella stanza di Francesca.
LULTIMO GIORNO CON I FIGLI - Lultima vacanza a Cefalonia, davanti al mare. Profondo e trasparente come lei. Il ritorno in ospedale. E un giorno da passare da sola con i suoi tre bimbi. Senza medici intorno. Medicine da prendere, infermiere da ascoltare. Senza lacrime. "Vado in un posto bellissimo, in Paradiso. Dovete fare festa". Poi le ultime parole al marito: "Io non ho paura" che sono diventate anche il titolo del libro scritto da Davide Perillo che racconta la sua storia. A Cecilia, qualche volta, prende la malinconia. "È la più grande, dice il papà, quella che ha più impressa nella mente limmagine di sua mamma. Quando la sera ha nostalgia della mamma, le ricordo cosa le diceva. La certezza che non lavrebbe mai lasciata. Preghiamo insieme. E riprendiamo a camminare. Con i suoi fratelli. Con Francesca". Perché la malinconia non può mai diventare disperazione per chi ha avuto una mamma che si chiamava Francesca.
05 novembre 2013
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